Letteratura industriale
Contributo originale di Carlo Mariani
Un percorso didattico
L’obiettivo e lo scenario didattico
Come abbiamo visto, l’ASL non coincide soltanto con il tirocinio formativo in un’azienda, ma si compone anche di momenti didattici in classe in cui l’insegnante dedica una parte dell’orario curricolare (da 6 a 12 ore circa)
ad un percorso che affianca l’alternanza collegandosi alla co-progettazione (Consiglio di Classe-Ente ospitante) e valorizzando le aree del PECUP.
Vediamo un esempio molto semplice. Iniziando da una normale esercitazione sulle tipologie
e sulle tracce dell’Esame di Stato, un percorso operativo che approfondisca le dinamiche del lavoro, delle sue trasformazioni storiche, materiali e sociali - coinvolgendo esperti esterni che provengano dal mondo del lavoro e delle professioni -
potrebbe costituire già un possibile avvio di project work da inserire nel percorso di Alternanza.
L’occasione da cui iniziare
La traccia proposta nella prova di italiano all’Esame di stato 2015 (Tipologia B - Ambito socio-economico),
aveva come riferimento Le sfide del XXI secolo e le competenze del cittadino nella vita economica e sociale. I testi a supporto dello studente offrivano tre diversi approcci: quello di un economista (I. Visco, Investire in conoscenza. Crescita economica e competenze
per il XXI secolo, Il Mulino, Bologna 2014), quello di una filosofa (M. C. Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino, Bologna 2011) e quello istituzionale della Raccomandazione del
Parlamento europeo e del Consiglio (18 dicembre 2006 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente).
Allo stesso modo la traccia su Nuove tecnologie e lavoro all’(Esame di Stato 2017) offriva allo studente
la possibilità di una riflessione sulle opportunità e sui rischi della digitalizzazione dell’industria 4.0.
A partire dalla accurata ricognizione storica e sociologica di Aris Accornero (Era il secolo del lavoro (Bologna, Il Mulino, 2000), l’insegnante (Italiano, Storia e filosofia) può avviare
un lavoro a piccoli gruppi che consiste nell’analisi, nella ricostruzione e nell’interpretazione delle diverse forme di lavoro che hanno segnato il nostro Novecento. Utilizzando modalità didattiche diverse dalle lezione frontale (project work; studio di caso;
recensioni; relazioni tecniche) e ricollegandosi al percorso di Alternanza è anche possibile dedicare un modulo didattico al fenomeno della letteratura industriale proponendo sia la lettura di romanzi che rientrano in questo particolare filone
sia l’analisi di opere cinematografiche aderenti a questa tematica.
La letteratura industriale
Il tema della “letteratura industriale” ha un capostipite di origine ottocentesca con il romanzo di Cesare Cantú, Portafoglio d’un operaio (1871).
Tuttavia è nel ventesimo secolo, con il romanzo Tre operai di Carlo Bernari (1934) e soprattutto con il lavoro sociologico e antropologico condotto da Vittorini e Calvino con l’inchiesta
su “Il menabò” del 1961-62 che il rapporto tra gli scrittori e il mondo industriale prende rapidamente consistenza ideologica, saldandosi al fermento intellettuale del secondo dopoguerra.
L’industria crea lavoro ed è protagonista indiscussa del boom economico, eppure al tempo stesso produce alienazione, avvia la mutazione antropologica, smantella il tessuto della società
contadina e della famiglia patriarcale.
Proprio negli anni dell’inchiesta su “Letteratura e industria” erano usciti Il capolavoro di Luigi Daví (1961), la trilogia dedicata a Vigevano da Lucio Mastronardi,
La vita agra di Bianciardi (1962), Il padrone di Goffredo Parise (1965). La narrativa di fabbrica prendeva di mira le grandi città
industriali, Milano e Torino, ma anche la dimensione della provincia, dove la facile ricchezza di una crescita economica rapida e incontrollata aveva messo in crisi i rapporti sociali e perfino la scuola,
come ne Il maestro di Vigevano.
Accanto a queste esperienze vi era poi il fenomeno industriale dell’Olivetti, con un capitalismo che era diventato anche modello di organizzazione imprenditoriale, progetto complessivo di una nuova
sociologia urbana, slancio produttivo verso i settori piú all’avanguardia della “civiltà delle macchine”. Tempi stretti di Ottiero Ottieri (1957), e soprattutto i romanzi di Paolo Volponi,
Memoriale (1962) e La macchina mondiale (1965), osservano la realtà olivettiana di Ivrea attraverso la paranoia e lo stravolgimento
individuale provocati dal lavoro di fabbrica. La realtà di questo capitalismo dal volto umano, capace di raccogliere e costruire attorno a sé un sistema culturale, oltre che aziendale (si pensi alla rivista “Comunità”),
non cambia sostanzialmente nei romanzi come Il congresso di Libero Bigiaretti (1963) e L’amore mio italiano di Giancarlo Buzzi (1963),
che osservano la realtà di Ivrea dal punto di vista dei colletti bianchi.
All’altezza degli anni settanta il romanzo sulla fabbrica si ibrida di altre istanze – politiche, ideologiche – ed esprime la rabbia della classe operaia, le lotte sindacali, la deriva nel vortice della violenza terroristica
come Vogliamo tutto di Nanni Balestrini (1971) e Tuta blu di Tommaso Di Ciaula (1978). La crisi del mondo industriale e i rancori di una
generazione sconfitta sono ancora ravvisabili ne Le mosche del capitale (1989) con cui Volponi chiude i conti con il genere del romanzo di fabbrica, preconizzando la fine di
un’epoca – quella ispirata al modello taylor-fordista – e l’avvento della “dismissione”, della delocalizzazione produttiva, della perdita del lavoro, della precarietà occupazionale.
Il romanzo La dismissione di Ermanno Rea (2002) è certamente quello piú emblematico del clima sociale ed economico che si vive nell’epoca dello smantellamento delle grandi imprese
industriali: esso è accompagnato da tutta una serie di variazioni sul tema che rappresentano il destino di un paese e la fine dell’utopia grazie ad una nuova generazione di scrittori sensibili ai mutamenti sociali,
da Aldo Nove (Superwoobinda, Einaudi 1998; Mi chiamo Roberta…, Einaudi 2006) a Raffaele Nigro (Malvarosa, Rizzoli 2005),
da Aldo Gianolio (Teste quadre, Aliberti 2006) a Sergio Pent (La nebbia dentro, Rizzoli 2007),
da Tullio Avoledo (Breve storia di lunghi tradimenti, Einaudi 2007) a Goffedo Buccini (La fabbrica delle donne, Mondadori 2008) a
Edoardo Nesi (Storie della mia gente, Bompiani 2010), fino al recentissimo Ipotesi di una sconfitta di Giorgio Falco (Einaudi, 2017).